Si avvicina il mese di maggio e si inizia a parlare di “sell in may and go away”.

Per i neofiti, si tratta di un detto molto noto che affonda le sue radici in un comportamento stagionale delle borse, facilmente verificabile dal punto di vista statistico, guardando ai dati storici.

La borsa tende a scendere a maggio o, se vogliamo metterla in altri termini, sale con più difficoltà, viceversa c’è una stagionalità positiva che parte in autunno.

Lo stacco dei dividendi di molti titoli importanti agevola questo comportamento delle serie storiche.

Di stagionalità parliamo spesso sia nei webinar, nei corsi e nei report perché è una componente importante e spesso sottovalutata. 

Dimostriamo l’importanza della stagionalità con un semplice algoritmo che rispecchia queste 4 regole e testato dal 1995 ad oggi:

  1. Apriamo una posizione lunga sul Ftsemib future ad ottobre.
  2. Chiudiamo la posizione lunga a maggio.
  3. Apriamo una posizione short (ribassista) a metà giugno
  4. Chiudiamo la posizione short  a fine  settembre

I risultati storici dicono:

  • profit factor 2,3
  • profitto netto con un contratto future: 382.794 € (di cui 249.200 derivanti da operazioni rialziste)
  • percentuale di successo per i long 71,43% e 50% per gli short

Qui  sottoriportiamo la curva dei profitti globale, quella per i long e quella per gli short.

 

Se è indubbio che i mesi estivi siano quindi più ostici per le borse è anche vero che è il mese di febbraio, e non maggio, quello più ostico per le borse. Era già così 3 anni fa, se poi ci aggiungiamo il 2020 (scoppio della pandemia a febbraio), 2022 (crollo epocale dei mercati iniziato di nuovo a febbraio) la ricorrenza diventa evidente.

E se convenisse vendere a febbraio e non a maggio?
Ebbene sì…

Anche nel 2023 i massimi sono stati segnati finora a metà febbraio. Poi il mercato è risalito ma senza riuscire a superare la resistenza.

Anticipando la chiusura delle posizioni lunghe a febbraio, aprendo i long in anticipo, a fine maggio, e chiudendo gli short a fine agosto ecco che i risultati sui dati storici diventano:

  • profit factor 2,6
  • profitto netto con un contratto future 344.079 € (di cui 216.167 € nelle operazioni rialziste)
  • percentuale di successo 78,57% per i long e 53,57% per gli short

In conclusione storicamente si sarebbe guadagnato di più liquidando le posizioni a maggio e rientrando in ottobre ma liquidando a febbraio e andando al ribasso a maggio anziché giugno la curva dei profitti è molto più regolare, soprattutto negli ultimi 14 anni, dove l’overperfomance rispetto al buy & hold è molto evidente.

Nell’immagine di copertina si notano gli ultimi 3 trade, rialzisti e ribassisti, di cui l’ultimo chiuso sui massimi a febbraio 2023.

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